L’anno è iniziato bene per i caregiver familiari, ovvero le persone che si dedicano a titolo gratuito all’assistenza a domicilio e a lungo termine di un familiare disabile o affetto da patologie croniche o degenerative. È stato infatti appena istituito un fondo a loro dedicato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, frutto di un emendamento alla legge di Bilancio 2018. Si tratta del “Fondo per il sostegno del titolo di cura e di assistenza del Caregiver familiare”. Esso conta su una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per le prossime tre annualità a partire dal 2018.
Di certo, si tratta di un passo avanti di rilievo per il riconoscimento a livello istituzionale del valore sia sociale sia economico dell’attività di cura portata avanti dal caregiver familiare, finalmente valorizzato come risorsa chiave della rete dei servizi di assistenza. L’obiettivo del fondo è infatti quello di dare copertura finanziaria a interventi di sostegno a questa figura sempre più diffusa anche in virtù del progressivo allungamento dell’aspettativa di vita.
Com’è facile immaginare, per svariati motivi, i caregiver sono prevalentemente donne: mogli, figlie e talora nuore o nipoti. Donne che si trovano costrette a ridurre o lasciare gli impegni lavorativi per poter assistere il familiare che necessita di cure continue. E non è certo una passeggiata, sia a livello fisico che psicologico.
Di recente, uno studio internazionale ha esplorato gli effetti dei compiti di cura sulla salute psico-fisica dei caregiver. L’indagine si è svolta tra il 27 luglio e l’8 agosto del 2017 ed è stata condotta online da Censuswide per conto di Merck, coinvolgendo 7 paesi (Italia, Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Australia) e 3.516 caregiver familiari tra 18 e 75 anni (2.106 dei quali tra i 35-55 anni).
I risultati, per l’Italia, non sono confortanti. Su un campione di 501 caregiver familiari, oltre la metà riferisce che la propria salute fisica ha risentito in modo negativo dell’attività di cura totalizzante che si sono trovati a svolgere. Un terzo sostiene di avere messo in secondo piano la propria salute rispetto alla salute della persona assistita. Oltre un quinto degli intervistati trova difficoltà a chiedere aiuto sul proprio stato di salute. Sul piano del riconoscimento del proprio ruolo, è interessante notare che oltre 7 su 10 persone dichiarino di sentirsi valorizzate come prestatori di assistenza dai servizi sanitari locali, mentre più della metà sostiene invece di non percepire alcun sostegno dalle istituzioni nazionali.
Il sondaggio fa parte di una campagna di sensibilizzazione, Embracing Carers™, promossa da Eurocarers, Merck e altre importanti organizzazioni di assistenza in tutto il mondo. La finalità dell’iniziativa è quella di creare attorno alla figura del caregiver un maggior livello di consapevolezza nell’opinione pubblica, promuovendo il riconoscimento della sua importanza a livello sociale ed economico. In occasione del lancio della campagna, è stato pubblicato il libro bianco Carers Report: Embracing the Critical Role of Carers Around the World.
Dal documento emerge principalmente un fatto: prendersi cura di un familiare non autosufficiente è un’attività che riguarda quasi tutti i gruppi demografici indipendentemente da età, razza, livello di istruzione e reddito familiare. Nonostante questo, il supporto ai caregiver resta ancora molto limitato in tutto il mondo.
In riferimento alla situazione italiana, si può notare che rispetto alla rilevanza quantitativa del fenomeno – sono 3,3 milioni i caregiver in Italia – la cifra stanziata appare appena sufficiente. Per un’analisi critica sulle disposizioni del fondo appena istituito, ci si può riferire all’approfondimento apparso di recente sul sito www.handyleg.org.
Per ulteriori informazioni, si può leggere questo articolo apparso su La Stampa.
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